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Novità nella terapia dell’acne inversa

L’idrosadenite suppurativa è una malattia infiammatoria cronica della pelle, denominata “acne inversa”, perché condivide con l’acne i noduli, gli ascessi, le cicatrici. Purtroppo, va oltre poiché è più grave e debilitante sia per il fisico e sia per la mente. Nella maggioranza dei casi è diagnosticata in ritardo. Colpisce circa 50 mila persone in Campania, anche in giovane età, portando con sé un pesante carico psicologico che compromette la loro vita personale, sociale e lavorativa. Molti sono i pazienti seguiti, in quello che si è trasformato in un punto di riferimento per loro, presso la Clinica dermatologica dell’Università Vanvitelli, grazie all’impegno e alla passione della dirigente Elisabetta Fulgione e della dermatologa Anna Balato. Ci troviamo di fronte a una malattia complessa, favorita da una predisposizione genetica e aggravata da diversi fattori scatenanti, come il fumo, l’obesità e un’alimentazione sbilanciata, che oggi può essere curata con farmaci innovativi, tra cui secukinumab, un anticorpo monoclonale capace di bloccare l’interleuchina 17A, che riveste un ruolo centrale nel causare l’idrosadenite suppurativa e che ha appena ottenuto la rimborsabilità dal Servizio Sanitario Nazionale per questa indicazione terapeutica. L’inserimento nel Prontuario Terapeutico della Regione di questa molecola e la sua conseguente disponibilità rappresentano un significativo progresso, poiché consentono di offrire ai pazienti una opzione terapeutica in grado di migliorare la loro qualità di vita. Il riconoscimento precoce della malattia e un accesso tempestivo ai centri di riferimento e allo specialista restano tuttavia fondamentali. È infatti essenziale poter contare su una presa in carico condivisa con un team multidisciplinare, che includa, nutrizionisti, psicologi, chirurghi, terapisti del dolore e infermieri, per dare un concreto sostegno ai pazienti.