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Per il dopo Conte è “Fantallenatore”

La festa, a Napoli, non è ancora finita. La città ha stretto in un abbraccio emozionante la squadra, ha accompagnato con trasporto e allegria gli azzurri alla conquista del campionato prima, e nella sfilata sul lungomare poi. Due scudetti in tre anni, ottenuti cambiando guida tecnica e gran parte della rosa, significa proiettare il Napoli in una dimensione diversa. Significa avere la possibilità di sedersi al tavolo dei più grandi, per rimanerci. Di non vivere il successo come una parentesi ma come il risultato, più o meno logico, di una politica societaria che funziona su tutti i versanti. Significa saziare la bramosia del tifoso, che vuole vedere la propria squadra imporsi nella cerchia dei grandi club e far paura a tutti. L’entusiasmo non cesserà, ma è impossibile negare la presenza di un’annosa questione, che inevitabilmente sta facendo breccia nelle menti di chi ancora non riesce a togliersi dalla testa il ruggito del Maradona dopo la prodezza di McTominay. Si tratta del futuro di Antonio Conte, il grande condottiero di questo gruppo. E se al tifoso è concesso un po di riposo, ai piani alti in società è chiara la necessità di muoversi in anticipo per programmare la stagione che sarà. Senza lanciarsi in conclusioni affrettate -considerato che i colloqui tra Conte e De Laurentiis sono tutt’altro che terminati e che al tecnico è stato da poco proposto un adeguamento del contratto- possiamo provare ad ipotizzare come cambierebbe l’assetto dei campioni in carica a fronte di nuovo sconvolgimento nella guida tecnica. Come se facessimo un “Fantallenatore”, immaginando il Napoli che sarà riflettendo sul passato e soprattutto sui precetti di gioco di alcuni papabili allenatori.

Suggestione Gasperini

Gianpiero Gasperini è un’eccellenza del calcio italiano. Quanto prodotto in quasi 10 anni alla guida dell’Atalanta non ha prezzo. Per i bergamaschi, che con lui hanno sperimentato cosa voglia dire essere trai migliori club in Italia, abituarsi a calcare ogni anno i campi di Champions League fino a toccare il cielo con un dito con la conquista dell’Europa League – che finalmente lo ha liberato dal fardello di “non essere un vincente” – e per tutti gli appassionati di sport. Il calcio è sistema, non somma di singoli. Gasperini è sempre riuscito a trarre il meglio dai gruppi che si è ritrovato ad allenare, raggiungendo traguardi insperati. Prossimo alla separazione con l’Atalanta, non è mancato un fortissimo interessamento della Roma. Quanto al discorso tattico, Gasperini predilige un sistema che preveda la linea difensiva a 3. Il modulo è dinamico, l’intensità fa la differenza. L’Atalanta marca uomo a uomo su tutto il campo, portando una pressione che all’estero non sono abituati a fronteggiare. Un sistema diverso da quello adottato nel corso dell’anno da Conte, ma assolutamente replicabile vista la qualità della rosa del Napoli (aiutandosi intervenendo nel mercato estivo). Marchio di fabbrica: colpire offensivamente dalle fasce laterali. Mikel Arteta, allenatore dell’Arsenal, ha affermato che giocare contro l’Atalanta è “come andare dal dentista”.

Modello Italiano

Vincenzo Italiano è uno dei nomi più discussi ultimamente. Semplicemente perchè, dopo esserci andato molto vicino con la Fiorentina in più occasioni negli ultimi due anni, anche lui è finalmente annoverabile nel club dei “vincenti”. La vittoria della Coppa Italia è il giusto riconoscimento per quanto fatto con il Bologna, orfano dei due giocatori chiave della scorsa stagione (Calafiori e Zirkze). Non che raggiungere il traguardo finale sia dettaglio marginale nella competizione professionistica, ma troppo spesso questo ha rappresentato la cartina di tornasole a prescindere da quanto dimostrato sul campo tutto l’anno. L’ex Spezia e Fiorentina schiera i suoi uomini con la linea difensiva a 4, che si tratti di un 4-2-3-1 o del più comune 4-3-3. Remo Freuler è l’equivalente di Lobotka, un regista che lavora davanti alla difesa e detta trame e tempi di gioco. Ora Italiano sembrerebbe pronto al grande salto, ma la dirigenza bolognese si è mossa d’anticipo: rinnovo e adeguamento di contratto, con Italiano che si vincola ai rossoblu fino al 2027.

Allegri, l’erede naturale

Il nome di Massimiliano Allegri è sicuramente il più caldo. E i motivi sono diversi, tutti validi. In primo luogo, Allegri è al momento disoccupato, dunque non bisognerebbe trattare con nessun club, ma solo valutarne la disponibilità. Disponibilità che, stando a quanto trapelato, è stata data in maniera totale. Il tecnico toscano avrebbe già incontrato sia manna che De Laurentiis, e insieme sarebbero giunti a definire verbalmente i dettagli dell’accordo. Per quanto riguarda il campo, nonostante il suo secondo ciclo da allenatore della Juventus non sia certo stato particolarmente positivo, è logico pensare che il profilo di Allegri risponda ad alcune caratteristiche di cui si è alla ricerca. E c’è un precedente storico. Allegri si troverebbe nuovamente a raccogliere l’eredità di Conte, come successe più di 10 anni fa sulla panchina della Juventus. In quel caso, almeno nella fase iniziale, non stravolse affatto l’assetto tecnico tattico lasciatogli da Conte. Anzi, partì da quelle ottime basi per costruire una squadra che poco alla volta riuscì ad integrare anche quelli che per lui erano gli aspetti prioritari in tutte e due le fasi del gioco. Cultore della fase difensiva, anche a discapito, talvolta, della gestione della palla o dell’estetica -si vince subendo un gol in meno degli avversari, non segnandone uno in più- pone particolare attenzione sugli aspetti pratici, semplici, essenziali del gioco del calcio. In quanto ad esperienza, capacità di gestione di un gruppo forte e leadership nello spogliatoio, il suo palmares parla per lui. 5 Scudetti, 5 Coppa Italia e 2 Supercoppe italiane hanno lasciato prestigio e un ricordo d’affetto inestimabile nei tifosi della Juventus. Gli indizi di mercato, che vedono su tutti un campione affermato come Kevin De Bruyne essere prossimo a vestire la maglia del Napoli, lasciano pensare ad uno scenario di questo tipo. Tra tutte le catalogazioni possibili, gli viene affibiato un titolo: gestore.

In rampa di lancio Fabregas

Cesc Fabregas è senza dubbio uno dei più grandi protagonisti della stagione di Serie A che si è appena conclusa. Il catalano ha abbracciato il progetto del Como a 360 gradi, prima concludendo alle sponde del lago la sua carriera da giocatore, poi iniziando lì quella da allenatore. Il Como di Fabregas, alla sua prima esperienza da allenatore, è stata espressione di un calcio propositivo, dinamico, sfrontato, all’insegna del tentativo di vincere –imponendosi tramite il gioco- contro tutti, a prescindere dai pronostici. Anche lui predilige il 4-3-3 (o 4-2-3-1). Difesa alta, vicno al centrocampo, e blocchi stretti per giocare velocemente una volta riconquistato il possesso: modello Barcellona. Come successo con Gasperini, anche per Fabregas è arrivato un interesse vero da parte della Roma. No secco da parte della dirigenza comasca, che pare disposta a fare di tutto per averlo ancora alla guida. Si parla anche dell’Inter, qualora Inzaghi dovesse lasciare Milano al termine della stagione.

(Marcello Rotondano)